Il paesaggio porta inscritti, visibili e palpabili, i segni della Storia, e può essere letto come una mappa del tempo la cui unità di misura è il mutamento. Nell’arco di un ventennio siamo passati dal mondo contadino, con i suoi codici, i suoi linguaggi, la sua cultura antropologica e materiale alla civiltà dei consumi, tipica della contemporaneità in cui viviamo. L’universo rurale, risalente alle epoche più remote, è scomparso. Ma il territorio conserva la memoria della sua esistenza, così come di altre grandi civilizzazioni del passato. Circondati dai segni della modernità, timidi ed inosservati colossei e partenoni popolano l’ambiente a noi circostante, portandosi ancora dietro la subalternità che fu dei loro costruttori, contadini pluriattivi, artisti dell’ingegno umano. Sono le ultime rovine lasciateci in dono, testimoni di quel che è stato, che reclamano silenziosamente un’archeologia rurale ed uno Status capaci di salvarle per quel che sono.
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Forse la frase più importante che la storia insegni agli uomini è "A quel tempo nessuno sapeva ciò che sarebbe accaduto".
Murakami Haruki
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